lunedì 5 ottobre 2015

Le gelàte d’u’ furne




“S’hanne rutte le tìempe”
Questa la frase pronunciata all’arrivo dei primi temporali estivi  che salutano l’estate e accolgono l’autunno.
In realtà nulla di catastrofico, le spiagge sono ancora  frequentate e lo scirocco persiste ancora ma ormai  “l’àrie ha cangiàte”… e pure lo spirito. Già, si comincia a provare nostalgia delle vacanze, del mare …e dei gelati.
E’ vero che oggi i gelati si trovano tutto l’anno, ma chissà quanti di voi, come me, quando da piccoli continuavano a chiedere il gelato,  si sono sentiti dire:  "stàtte sòte ca mo’ arrìvene le gelàte d’u furne"…   

Frase inquietante che scatenava golosità e fantasia, e ci portava a chiederci: "Ma se i gelati si sciolgono tra le mani come fanno ad andare in forno?" . Questa la curiosità che superava la “nanca” e ci lasciava lì, buoni buoni  ad  aspettare…. Ma i gelati non arrivavano mai, men che meno quelli del forno…   
Bello poi da grandi scoprire che non ci avevano preso in giro perché  "le gelàte d’u furne" non erano  il parto prematuro di  una strapazzata fantasia popolare, ma una  specialità pasticcera dell’inizio del secolo scorso, servita nella pasticceria Lippolis di Bari. 
Pare che il suo inventore (probabilmente il proprietario della pasticceria) ebbe l'idea di racchiudere il gelato  farcito di mandorle e canditi, nel pan di spagna e prima di servirlo lo riscaldava nel  forno… una vera leccornia!
Ma non si può far altro che continuare ad immaginarne aspetto e sapore,  perché  il gelato al forno è scomparso  col suo inventore,  e nessuno fino ad oggi lo ha più riproposto… 

Quello che è rimasto è il modo di dire: mo’ avènene  le gelàte d’u’ furne
Una forma de ntartiène per i piccoli di ieri, che farebbe effetto anche sui bambini di oggi.
 
Per i grandi invece indica un evento che non avverrà mai – oppure viene usato  in risposta a chi si ostina a chiedere  qualcosa che non potrà mai ottenere.

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