mercoledì 9 luglio 2014

Anna Fougez


Il 9 luglio 1894 nasceva a Taranto Anna Pappacena Laganà - che diventerà famosa come Anna Fougez -

Bellissima, occhi grandi, gambe perfette, sapeva cantare, ballare, recitare, era una vera soubrette, anzi  "una sciantosa ", la più grande del suo tempo”.  

Debuttò a soli 9 anni in un teatrino di Ventimiglia, con una performance canora e da quel giorno non si fermò più. 
La sua affascinante e movimentata vita artistica la portò ad essere una donna molto sicura e forte che per quarant’anni riuscì a dominare completamente la scena italiana. 
Aveva uno stile tutto suo, vestiva spesso di molti piumaggi e sovente creava ella stessa i suoi capi d’abbigliamento.








 La “Signora del varietà italiano” assunse il nome d’arte di Anna Fougez, e la sua classe innata, nonchè la sua splendida voce la portarono a raggiungere le più alte vette del panorama artistico del tempo. Una donna che si è fatta da sè, a partire dai vestiti sino ad arrivare alla sua estrosa ed esuberante personalità: una tarantina che ha fatto del suo essere donna, il suo mestiere.

mercoledì 2 luglio 2014

Sdrèuse, giargianìse e ghiègghiere




Oggi si parla troppo e si comunica poco e male.
Nel titolo ci sono tre modi per indicare qualcosa di strano e poco comprensibile.
 
Usiamo l’aggettivo “sdrèuse” per definire ogni cosa o situazione strana.
Una persona strana  diventa:  nu’ tipe sdrèuse
una pettinatura stramba è:  capidde sdrèuse
chi parla in modo veloce e incomprensibile: parle sdrèuse;
mentre di uno straniero si dice: quidde è sdrèuse.
 
Ma ci sono altri termini che sono poco conosciuti ...

Cè stè parle giargianèse?” Espressione che potrebbe essere tradotta: Ma che lingua parli?
Giargianése infatti, è un altro termine usato per definire una parlata incomprensibile.
Questo aggettivo  in effetti, indicava i commercianti che arrivavano a Taranto dalla Basilicata o dalla Capitanata, per acquistare i prodotti delle nostre terre: prevalentemente uva e vino, ma anche pomodori, olive, olio.
Siccome ogni commerciante quando deve acquistare cerca in tutti i modi di “fare l’affare” a discapito di chi gli vende la merce,  anche l’aggettivo “giargianèse” per estensione è sinonimo di “imbroglione”, quindi dire a qualcuno: " Cè stè parle giargianèse?" significa: Me stè ‘mbruegghie? – mi stai imbrogliando? 

Ma non finisce qui ... Il termine più bello è: ghiègghiere.
“Le chiacchiere le fanne le ghiègghiere” Un vecchio detto che associa le chiacchiere alle ghiègghiere e viceversa, facendo capire che “le ghiègghiere” hanno la favella sciolta e incomprensibile, ma chi sono?
 

Mia nonna usava spesso questo modo di dire, per definire persone ciarliere, per smorzare discussioni inutili, oppure quando gli facevo domande su cose dette da  loro “grandi”  che io “piccola” non avrei dovuto ascoltare. 
Una volta quando mi disse: “ehee!  No dà denzia… Le chiacchiere le fanne le ghiègghiere!”  io gli chiesi: “nonna, ci so’ le ghiègghiere?”  lei non indugiò e mi rispose subito: “cristiàne cu’ do’ lenghe e senza terra”
La prodiga immaginazione fanciullesca mi portava ad immaginare degli omoni con due lingue che girovagavano come gli zingari – idea che mi impauriva impedendomi di fare altre domande.
 

Da grande ho scoperto che quei  “cristiane cu’ do’ lenghe” erano i Sammarzanesi , le cui vicende storiche  contemplano anche l’invasione di San Marzano da parte degli albanesi, che si insediarono sul territorio appropriandosi anche delle terre, privandone i nativi della zona per questo definiti  “senza terra”. 
I  sammarzanesi, però, impararono la lingua degli invasori, il ghego, da cui l'aggettivo ghiegghiere: che parla ghego.

Essendo incomprensibile per le popolazioni vicine, la nuova lingua si rivelò utile in molte occasioni per scampare agli imbrogli, ma fu anche utilizzata dagli imbroglioni per truffare i poveretti che cadevano nei loro inganni – per questo “ ghiegghiere”,  è anche sinonimo di imbroglione.