domenica 24 giugno 2012

'U Sangiuànne

Il modello evangelico del battesimo di Gesù, che fu battezzato nel fiume Giordano dal cugino Giovanni, che per questo fu detto "il Battista", ha dato inizio ai rapporti di comparatico "  'u cumparizie", o " 'u sangiuànne" perchè San Giovanni Battista fu il primo "compare".
Con l'espressione "attaccà 'u Sangiuànne" si indicava proprio il legame tra u’suscette (il figlioccio,  il bambino ) e ‘u nununne ( il padrino e la madrina che lo battezzavano)  i quali avevano il compito di aiutare i genitori o sostituirli in caso di assenza per emigrazione o per le sventure della vita.
U' sangiuanne non si negava mai, anzi, tale proposta era da considerarsi un onore. Normalmente,  non si "attaccava" con un parente ma una persona al di fuori della famiglia, perché doveva  curare gli interessi "d'u cumparjiedde" o " d'a cummaredde" (il figlioccio o la figlioccia) senza secondi fini.

Il sodalizio de 'u Sangiuanne coinvolgeva anche le famiglie, ed era molto forte, al punto da far superare qualsiasi incomprensione. Anche nel rarissimo caso in cui tra le due famiglie succedevano fatti spiacevoli, nessuno avrebbe mai potuto rompere il vincolo tra padrino/madrina e battezzato/a, perchè "stave u' Sangiuanne pe le mienze".
Di contro, il figlioccio doveva rispetto al compare e anticamente, incontrandolo doveva baciargli la mano – gesto detto " ‘u vasamane d'u sciusciette", (il baciamano del figlioccio).

In seguito questo termine è stato esteso anche agli altri rapporti di comparatico, come la Cresima e il Matrimonio.
 
Oltre queste tipiche forme di comparatico ufficiale, c'era il comparatico tra amici, definito anche "parentela fittizia" che consisteva in una relazione spirituale, che due persone contraevano in seguito a vari riti popolari proprio il giorno di San Giovanni  ed era ritenuta indissolubile e sacra più del legame fisico e genetico , il "comparizio", di duratura fraternità e fedeltà.
San Giovanni Battista, infatti, è il patrono dell’amicizia e si tramanda che punisse con severità coloro che tradivano l’amico caro.
Tra “ compari”, c'era rispetto, grande dedizione…
 ma anche grandi tradimenti,  per questo  l’amante viene indicato/a come " 'u cumbare" e " ‘a cummare"...
 

domenica 3 giugno 2012

Mutatis mutandi….

Continuando il viaggio tra i capi di abbigliamento non si può non parlare anche di loro...
Mutatis mutandi…. ossia come son cambiate le mutande!
Il loro nome “mutanda” deriva da questa locuzione latina che, non a caso,  esorta a cambiarle…
Fino alla seconda metà del XIV° secolo nel corredo di ogni donna “l’indumento mutanda” non esisteva.
Le donne, anche le signore dell’alta società,  seguivano la moda…“sotto il vestito niente”. Le mutande venivano riservate alle signore freddolose o malate e le domestiche le usavano solo durante la pulizia delle finestre.  Il perché è dovuto alla moda dei lunghi vestiti femminili dotati di larghissime gonne, le tonnellate di sottovesti e crinoline che le sorreggevano erano ugualmente un buona difesa, anche se talvolta accadevano incidenti come quello narrato da Rousseau nelle Confessioni : “Potrei raccontarvi l’aneddoto di Mademoiselle Lambercier che, per un’infelice caduta in fondo al prato, finì lunga e distesa mostrando en plain air il suo posteriore al re di Sardegna”.
Ma, un incidente analogo accadde anche al fantomatico arciprete di lucugnano papa Caiazzo ( don Galeazzo) che una domenica dopo aver celebrato la messa, si affrettava ad uscire facendosi largo tra le bizzoche che spettegolavano sulla gradinata esortandole a tornare a casa. Una di queste per far strada al passaggio dell’arciprete, mise il piede a vuoto  e cadde  ruzzolando sui gradini della chiesa finendo gambe all’aria. Mentre si ricomponeva velocemente, l’arciprete avendo visto tutta la scena, le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi chiedendole se si era fatta male: "madonna arciprè agghu vistu tutti li stèdde n’cielu!" E l’arciprete di rimando: e iu la luna a quintadecima!...

Poi arrivò “U’ cavezone” conosciuto anche come “mutande longhe”, lungo fin sotto le ginocchia, erano composte da due parti aperte tra le gambe e allacciate alla vita.
Le mutande della nonna!... ma che mutande... le donne di allora apparentemente portavano le mutande molte lunghe, ma, in effetti, dove più occorreva coprirsi erano totalmente scoperte e bastava che si sedessero un po' “scomposte”  o  alzassero la la “vistiscedda”,  che si scopriva tutto ciò che si voleva nascondere.  Però il loro utilizzo quotidiano rimase sino ai primi decenni del Novecento una prerogativa di nobili e borghesi, mentre popolane e contadine continuavano a considerarle un capo per le grandi occasioni, un optional, un lusso senza senso. Poi piano piano,  tutte si convertirono.
Il primo momento di gloria di questo capo si deve, nel Cinquecento, a Caterina De Medici. La regina di Francia era un’abile cavallerizza e lanciò una nuova moda di montare in sella che prevedeva un’agilità tale per cui c’era il rischio di mettere in vista le grazie femminili. Fu proprio questo il motivo che spinse Caterina a servirsi delle mutande, evitando così imbarazzanti esposizioni delle “parti segrete”. Le «briglie da culo» – così vennero chiamate – indossate dalla Regina divennero presto un indumento diffuso tra le dame dell’epoca, che le indossavano come un capo di lusso stravagante rendendole perciò biasimevoli e peccaminose. Ma la moda delle mutande fu un fuoco di paglia, rimase circoscritta e limitata, e svanì nel corso del Seicento e Settecento, secoli nei quali scomparvero anche dal guardaroba della nobiltà.
Dobbiamo arrivare all’Ottocento per sentire di nuovo parlare di mutande. In questo secolo esse avevano lo scopo di coprire il corpo e custodire il riserbo delle donne. Erano gli anni del decoro borghese, la cosiddetta pruderie, che bandiva ogni forma di sessualità sia nelle maniere che nelle apparenze. La mania del decoro e di coprire tutto ciò che poteva essere coperto provocò la diffusione di mutandoni, lunghi fino alle caviglie, guarniti di merletti. E quando all’inizio del Novecento (con lo scoppio della Grande Guerra), il gentil sesso si tolse busto e corsetti e iniziò ad accorciare le gonne per sentirsi più agili, le mutande divennero indispensabili e anch’esse, progressivamente si ridussero: i mutandoni, adattandosi al nuovo abbigliamento salivano sempre più in alto, un’evoluzione che porterà, pian piano l’indumento a trasformarsi in quelle mutandine o slip di cui oggi non si può più fare a meno. Insomma la mutanda prima di adottare le odierne caratteristiche, con le sue forme e i suoi colori ha dovuto subire diverse rivoluzioni della moda e del costume, che solo di riflesso condizionarono il capo di abbigliamento intimo.
Negli anni Cinquanta, grazie anche all’immissione sul mercato di tessuti duttili e a basso costo, la diffusione degli slip divenne inarrestabile e la moda dell’intimo un vero e proprio fenomeno multiforme, infatti, nel guardaroba di una signora potevano esserci numerosi pezzi di mutandine che spaziavano per stile, colori e tessuti. Dobbiamo arrivare agli anni Sessanta e Settanta perché la donna si focalizzi definitivamente sulla mutande o slip come capo irrinunciabile per svariati motivi: igiene, decenza ed estetica.