lunedì 26 settembre 2011

Sande Coseme e Attamiane

La devozione ai S.S. Medici è molto sentita dai Tarantini tanto da avere due feste, una in Città Vecchia e una in Città Nuova. La devozione, verso questi Santi, tiene in vita quella che viene chiamata "Fèst de Chiesa" proprio perché  si svolge con celebrazione di Messe, Litanie e  Processioni per ringraziare i Santi delle guarigioni ricevute, o per chiedere la loro intercessione.

Una delle invocazioni  ai SS. Medici recita:“Sande Coseme e Attamiane, tu me spijzze e tu me sane”
Un  detto popolare  augurale  recita:  Malatìe a palate e morte majie….

Benché le aspettative di vita sono più lunghe e migliori, molte malattie, una volta mortali,  sono state sconfitte ma altre rimangono ancora e fanno paura, e quando i medici non ci danno speranze, seguendo la fede e l’impulso istintivo dell’anima preghiamo i Santi invocando la loro intercessione come ultima speranza di una guarigione impossibile. Segno tangibile di questo sono gli ex voto:  
 Oggetto offerto in dono alla divinita'  (in eta' cristiana a Dio, alla Vergine, a un santo) per grazia ricevuta o in adempimento di una promessa (Devoto Oli, Dizionario della lingua Italiana).

Cuori in argento,  vestiti, strumenti di lavoro, statuette e quadri raffiguranti i miracoli ricevuti e donati come simbolo di devozione e ringraziamento. Ogni ex voto racconta storie malattia e dolore che da sempre vanno a braccetto con la vita e la morte dell’uomo,  che le ha sempre combattute cercando di ingraziarsi la benevolenza divina per superare le avversità, prima con sacrifici, digiuni, astinenze, pellegrinaggi in onore di dei pagani, poi il Cristianesimo ha sancito che le guarigioni possono avvenire solo per opera del Signore … o come si suol dire: pi opere d’u Spirete Sande , ossia per miracolo.

La processione in onore dei SS. Medici è la più ricca di ceri devozionali portati dai fedeli e per questo è detta "processione dei ceri" tipica proprio di questa ricorrenza, ha origini antichissime.
Il cero viene portato in processione da chi deve sciogliere il voto, come ringraziamento per la grazia ricevuta. Questo rito trae le sue origini da un’ antichissima usanza della Confraternita di  Maria SS. di Costantinopoli  (meglio conosciuti come “le confratèlle de Sande Coseme”) – che avevano nel loro statuto “la tassa del candelo” –  che non è una vera tassa, ma rientra nel novero dei “legati” delle confraternite, una sorta di autotassazione a carico dei confratelli, il cui ricavato veniva utilizzato per vari scopi benefici di mutuo soccorso tra confratelli, diventato col tempo anche assistenza extra confraternale. Vi erano obblighi di vario tipo:
Dalla Tassa dell’ ”entratura” – pagata dai Confratelli al momento dell’iscrizione,
-  alle “mesatelle” – la quota mensile che ogni confratello doveva versare per venire incontro alle necessità della Congrega – tra cui era prevista anche una “cassa malattia” per aiutare le famiglie dei Confratelli che si ammalavano, per sostenerli nei giorni in cui non potevano andare a lavoro –  quando il lavoro era a giornata e non c’era ancora alcuna tutela ne assistenziale per chi si ammalava ne previdenziale per chi era troppo vecchio per lavorare.
 - ai “maritaggi”  -  era una quota che andava nella “cassa maritaggi”, che ogni anno veniva destinata per preparare la dote alla figlia, in età da marito,  di un confratello bisognoso.
Se nessuno dei confratelli ne aveva bisogno, il maritaggio veniva dato ad una fanciulla onorata e di buona famiglia che, in stato di bisogno, l’avrebbe utilizzato per il matrimonio.
Dato che la cifra della cassa maritaggi era sempre modesta e le famiglie bisognose che ne facevano richiesta erano tantissime, la confraternita  procedeva all’assegnazione per estrazione.

Ma ritorniamo alla tassa del candelo …
I Confratelli di Maria SS di Costantinopoli quando moriva un confratello, facevano un’offerta che serviva  a  comprare i ceri per la veglia e per il funerale. Non tutti i ceri venivano utilizzati e  quelli rimanenti venivano conservati nella “stanza della cera”. Fortunatamente i funerali non erano numerosi, perciò si decise di togliere questa tassa e per smaltire i ceri accumulati nello stanzino i confratelli decisero di venderli ai fedeli per illuminare la processione dei Santi Medici.

Finita la tassa del candelo iniziò “l’offerta del cero”.
Tra i fedeli rimase l’usanza devozionale di offrire un cero ai Santi Medici. Chi non partecipava alla processione offriva ugualmente un cero ai Santi, per questo durante la processione, c’erano quelli che erano incaricati a raccogliere i ceri di tutti i devoti che si accalcavano tra i vicoli aspettando il passaggio della processione, per portarli nella chiesetta della città vecchia.
I portatori di ceri dietro la processione erano tantissimi (tutti i partecipanti), la cera sciogliendosi cadeva sulle “chianche”  dei vicoli percorsi dalla processione, che già scivolose per natura, ricoperte di cera diventavano impraticabili. Per questo motivo prima della processione, su tutto il tragitto, si provvedeva a spargere del tufo o  della sabbia. Dietro la processione poi i ragazzini raccoglievano i pezzi dei cera fusa per poi rivenderli ai fabbricanti di ceri…..

Altra antica tradizione era anche "u' taradduzze de Sànde Coseme" - un tarallo con tre punte (che dovrebbero simboleggiare le tre virtù teologali, fede, speranza, carità), nel cui foro veniva inserita "a' figurìna" dei Santi - che veniva benedetto e distribuito ai fedeli, dopo la messa.
Questo tarallino, come i Pani votivi di Sant'Antonio e San Giuseppe, veniva conservato e utilizzato solo in caso di malattie o temporali.

Tanti anni fa, questa festa era molto attesa, anche perchè era una delle poche occasioni, in cui si poteva mangiare la carne. Infatti, l'usanza era quella di preparare "u jadduzze".
Era un piatto semplice, galletto con le patate al forno, ma......... una particolarità c'è sempre...
il galletto doveva essere rigorosamente "de prima candàte" (di primo canto), perchè? ... probabilmente perchè in onore a Santi doveva essere cucinato "il meglio"... quindi basterà assaggiare la pietanza per capire.

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