mercoledì 20 aprile 2011

Triduo pasquale

GIOVEDI' SANTO
Un giorno particolare, che da inizio al Triduo Pasquale, alle 48 ore più lunghe e intense della Settimana Santa.
Tutto inizia col silenzio...... infatti da oggi le Chiese "legheranno le campane" per rispettare il silenzio in segno di lutto. Proprio oggi infatti, con la “Missa in cena Domini” che rievoca,  l'Ultima Cena di Gesù con la suggestiva “lavanda dei piedi”,  e  l'istituzione del Sacramento dell'Eucaristia, comincia la commemorazione della Passione di Gesù. Alla Messa prendono parte 12 confratelli in abito di rito, che prendono posto davanti all’Altare maggiore – rappresentano i dodici Apostoli  – ai quali il sacerdote celebrante, imitando il gesto di Gesù durante l’ultima cena, laverà i piedi. Dopo la celebrazione della Messa,  ha inizio il  “Triduo Pasquale”  ossia i tre momenti cruciali dei riti della Settimana santa: Pellegrinaggio  ai Sepolcri, Processione dell’Addolorata, Processione dei Misteri.

LA VESTIZIONE
Un altro rito, meno conosciuto, perchè privato e riservato ai confratelli, è quello della  vestizione.
Indossare l'abito di confratello richiede un vero e proprio rituale. I confratelli non indossano mai l'abito, senza essersi prima confessati.  Il percorso di preghiera penitenziale dei "perdune" comincia proprio con la vestizione.  I confratelli si aiutano tra di loro, e alla fine della vestizione,  vanno dal Padre spirituale per ricevere la benedizione ed infine, prima di uscire,  l'ultimo gesto...l'abbraccio alla Croce dei misteri.

PELLEGRINAGGIO  AI SEPOLCRI
Il rito del pellegrinaggio de le "PERDUNE" sembra risalire ai tempi dei pellegrinaggi a san Giacomo di Compostela in Spagna (jacopei), a Roma (romei), in Terra Santa (palmari).
La "visita dei Sepolcri" rimane uno degli eventi  più sentiti dai fedeli. Tradizione vuole che il numero dei Sepolcri da visitare deve essere dispari.
Anticamente fu stabilito un numero minimo di "sette" quanti i dolori di Maria – poi si passò a "cinque" quante le piaghe di Cristo – adesso anche "tre" quante erano le croci sul Calvario.
Il Sepolcro più bello e importante da visitare è quello della Chiesa del Carmine, dove viene allestito un tappeto di fiori e germogli, che copre tutto l'altare –  mentre nella Cattedrale di San Cataldo l'esposizione del Santissimo non prevede alcun tipo di addobbo, né  fiori, né luci. Sull'altare viene esposta solo l'Urna in cui è reposto il Santissimo, il tutto illuminato solo dalla fievole luce delle candele.
A simboleggiare il pellegrinaggio ai Sepolcri sono i confratelli del Carmine,  detti "perdune" –  ossia pellegrini penitenti   o "anime incappucciate", come le ha definite Nicola Caputo,  peccatori in cerca di espiazione – che dopo la Messa in Cena Domini del Giovedì Santo, con l'abito di rito e scalzi -  escono in coppie dette "poste" perchè appunto, ogni coppia sosta, quindi si ferma , postando, in adorazione al sepolcro.
 Le coppie di confratelli, escono dal Carmine, ad intervalli regolari di 15 minuti e l'ultima di queste viene chiamata "u serrachiese"   -  tant'è che a Taranto per indicare l'ultimo che arriva ad un appuntamento si dice:  “na',  ste' arrive 'u serrachiese!
La prima posta,  dette  “di campagna”, si dirigerà nel borgo che anticamente era costituito da chiesette sperdute nella campagna.  Usciranno dalla sagrestia della Chiesa del Carmine su Via Giovinazzi,  dirette a visitare le chiese di San Francesco de Paola, SS. Crocifisso, San Pasquale.
Le altre poste, dette “della città” andrà verso la città vecchia che anticamente costituiva l’unico nucleo  abitato. Usciranno dal portone principale della Chiesa del Carmine  che affaccia su Piazza Giovanni XXIII, dirette  a visitare  le chiese di  Sant'Agostino,  Monteoliveto,  San Cataldo, San Domenico,  S.S. Cosma e Damiano, San Giuseppe.
Le poste camminano lentamente,  procedendo all’unisono, "ammusckate"  (spalla a spalla) e "nazzicanne" (dondolandosi).
Ogni coppia sosta dinnanzi al sepolcro fino all'arrivo di un'altra coppia che ne prenda il posto affinchè   "'u sebburghe" non rimanga mai incustodito.
Suggestivo il momento del "cambio" tra poste, quando il piu' anziano dei confratelli,  sempre alla destra della coppia,  si avvicina alla coppia in preghiera dicendo  sommessamente: "sia lodato Gesu' e Maria"  che sara' seguito da un "sempre sia lodato" a cura della coppia "uscente". Come saluto usano sbattersi sul petto il medagliere che hanno alla vita,  gesto che si chiama: 'u salamelicche" -  parola di origine ebraica, da “salam alec”, la pace sia con te.
Questo gesto viene ripetuto dai “perdune” anche ogni qualvolta le poste si incrociano per strada.
Le "poste" interrompono il pellegrinaggio ai Sepolcri e rientrano al Carmine intorno alla mezzanotte, per riprendere il loro pellegrinaggio all’alba del Venerdì Santo.
Ed è proprio nella mattinata  del Venerdì Santo che si può assistere a "'u salamelicche" più suggestivo e commovente, che è quello che i "perdune" fanno alla Madonna , quando durante il loro tragitto incrociano la processione dell'Addolorata: la coppia di "perdune" si ferma, il confratello più anziano della "posta" batte tre colpi di mazza poi insieme, rivolti verso la statua dell'Addolorata, incrociano le mazze e si genuflettono battendosi il petto col Rosario che hanno alla cintura.
E' un momento davvero toccante. Ed è impressionante il silenzio che si sente per strada, nonostante la folla che accompagna la processione - un silenzio di commozione, e devozione, che consente di sentire benissimo i colpi di mazza che danno il via a questo "gesto" di saluto.
Sul  "SALAMELICCHE"  Cesare Giulio Viola in "PATER" cosi' scrive:
"…Varcavano le soglie sacre, e il passo non mutava: avanzavano poggiando il BORDONE sul pavimento con tonfi secchi: giungevano presso la coppia che li aveva preceduti e pregavano in ginocchio, e attendevano: quelli si calavano il cappuccio sul volto e si levavano: poi otto braccia si incrociavano su quattro petti i rosari battevano contro le mazze, suonavano le medaglie; la seconda coppia si genufletteva, la prima riprendeva il suo passo…"
“...E andavano senza tregua, mentre la folla per le strade si aumentava, si rinnovava, si faceva piu' rada e stanca. E' l'ora del desinare e della siesta, e i perdoni seguitavano:  era il tramonto, si accendevano i lumi, e i perdoni seguitavano tutta la notte finche' le strade si facevano deserte, e il sonno invadeva le case e appariva all'orizzonte pallida di dolore, la luna della Settimana Santa.
Allora, a vederli all'improvviso, se svoltavi l'angolo di una via, in tutto quel biancore e in quel silenzio, ti parevano evocati da un mondo medianico, e non li guardavi…"
Il nome di questo gesto è entrato nella comunicazione popolare e spesso viene usato per sottolineare convenevoli esagerati: “ste face tande salamelicche! “ per indicare qualcuno che temporeggia sull'argomento da discutere girandoci attorno incensando l'interlocutore. 
LA PROCESSIONE DELL’ADDOLORATA
A mezzanotte del Giovedì Santo arriva il secondo momento del Triduo pasquale, quello più atteso dai Tarantini – la processione dell’Addolorata di San Domenico.
La processione dell'Addolorata, si è affermata a Taranto grazie al canonico Vincenzo Cosa che nella prima metà del XVII secolo introdusse, nella chiesa di San Pietro Imperiale (oggi San Domenico), il culto verso l'Addolorata. Nel tempio, sin dal 1670, era già operativa la confraternita di San Domenico in Soriano, per cui il culto dell'Addolorata si affiancò a quello per il Santo fondatore dell'Ordine dei Predicatori.
A quei tempi però, la processione dell'Addolorata si svolgeva nella terza domenica di settembre ed era chiamata " 'A Festa Granne".
La processione dell'Addolorata, anticamente, pare fosse un pellegrinaggio che prevedeva l'ingresso in sette chiese della città, tante quanti gli ingressi della città di Gerusalemme. I numerosi devoti, a causa dell'esigue dimensioni delle chiese locali, eccezion fatta per la Cattedrale e San Domenico, spesso erano costretti ad accalcarsi fuori dalle stesse, attendendo pazientemente il loro turno e quindi sia per riscaldarsi che per riequilibrare il peso del corpo, si lasciavano andare a quel dondolio meglio noto come "nazzicata" che  è divenuto poi il passo tipico dei  "perdune" .

Quello che la Processione dell’Addolorata simboleggia è stato descritto magistralmente in questa poesia di Michele Pulpito:

'A 'Ddulurate a' recerche de Criste
Marija Maddalene:   Addò vè, Marì? Cume Te veche addulurate!
Marije:   Voche cercanne 'u Figghie Mije, piccè sende in'ò còre ca stè pe fa na brutta fine!
Marija Maddalene: - Hè raggione, Marì, hagghie viste ca 'U stè purtavene sus a 'nu monde tutte 'nzanguinate e allazzarate e cu' 'na croce 'nguedde p'U crucefessare
Marije:  'u Figghie Mije volene crucefessare? E piccè? cè brutt'azione ha fatte cu digghia meretà d'essere mise 'nCroce e avè 'na sorte daccussì atroce?
Ind' a 'stu munne nò 'nge n'honne maje state uemene daccussì buene cum'a Jidde. Ha fatte tanda bene a tutte quande! Ha date 'a viste alle cecate, ha sanate le struppiate, penzigne a le muerte ha resuscitate! E mo' 'U volene accidere?!
O Signore, ca stè 'nGiele e ca vide ogn'è cose, allundane da Jidde 'sta brutta morte, piccè no' se l'ammerete proprie. E' nu Figghie Sande e vòle bene a tutte quande! E' na Mamme ca Te l'addummanne, nà Mamme ca Le stè spezze 'u core e ca Te 'mblore ascennucchiate, ca nò pò vivere senz'a 'u Figghie Suje, ca è tott'a vita Soje.
Ce te Pigghie a jidde, pigghiete pure a mè, piccè 'u Figghie Mije adurate è tott'a ricchezza  Meje, è 'u bene Mije chiù granne. 'A vite, 'a  vita Meje no pò esistere senz'a Soje.
Te preje, Te preje, o Dije Sandissime, uarde a stà Mamma desperate e fà cu se digghia salvà 'u Figghie Suje amate.
Ce mòre, 'sta Mamme mòre 'nzieme a Jidde: no' pò suppurtà 'na perdete daccussì granne, 'nù delore daccusì atroce.


La processione è così composta e disposta:
TROCCOLA
Banda
PESA'RE
  CROCE DEI MISTERI
POSTA (4)
TERZA CROCE
POSTA (4)
SECONDA CROCE
POSTA (4)
PRIMA CROCE
POSTA (2)
IL TRONO
L'ADDOLORATA
Banda
LA TROCCOLA          
Il lento andamento delle processioni della Settimana Santa tarantina è scandito dal rumore della troccola, strumento in legno finemente lavorato che, opportunamente agitato, produce il caratteristico suono.
E' uno dei simboli più ambiti e contesi in entrambe le processioni. Le  troccole  delle due confraternite , sono diverse l'una dall'altra. La prima quella  dell'Addolorata, è nera ed ha quattro maniglie metalliche per produrre il rumore. La seconda, quella dei Misteri,  è marrone e le maniglie sono sei.  
LE PESA’RE
I confratelli portano addosso due "pietre" legate da una corda appesa al collo. La tradizione vuole che questa “posta” sia formata da due bambini vestiti con l’abito di rito della confraternita, ma senza la mozzetta.  Sul significato simbolico di queste pietre si è molto discusso,   generando un po' di confusione.  Si dice possano rappresentare:
a) Le pietre scagliate su Gesu' durante il percorso verso il Calvario
b) Le tavole delle leggi di Mose'
c) Le pietre macchiate dal sangue di Gesu' sul Calvario
d) Pietre portate per espiare i propri peccati.
Quest'ultima sembra la più accreditata.
CROCE DEI MISTERI
Il terzo simbolo della processione dell'Addolorata è  una Croce recante i simboli della Passione e della crocifissione di Gesù Cristo –
La Croce dei Misteri della Processione dell’Addolorata è in legno nero, 
al centro:  il panno della Veronica  con impresso il volto di Gesù,
sull’asse orizzontale  a sinistra: la frusta, il martello, il bastone con chiodi, la lancia, la spugna, la mano, la brocca ed il catino, il calice,
a destra: la tonaca, la lanterna, la scala, l'ampolla, le tenaglie,
sull’asse verticale, sopra: la scritta INRI, la corona di spine,
sotto: il gallo, i dadi, la colonna, il teschio e le ossa incrociate.

I CROCIFERI
Tra le "poste" e i simboli, ci sono i "portatori della Croce"  detti "crociferi" che nella processione dell'Addolorata sono tre. Anche loro come le pesàre non indossano la mozzetta, e sono gli unici confratelli ad andare scalzi.
“CICCHETE GNACCHETE”
Une dei crociferi più famosi a Taranto era sicuramente  “Cicchete Gnacchete”  (Domenico d’Alba) che  era uno dei più anziani confratelli dell'Addolorata, sempre presente alle processioni. Si narra che, mettesse scrupolosamente da parte durante l'anno intero, i suoi miseri risparmi da portuale, per conquistare sempre la "prima croce" della processione. E' rimasto nella storia il suo incedere eccessivamente dondolante, più di una normale "nazzicata". Soffermandosi sulla genesi del suo soprannome, si avanzano due ipotesi: la prima che vuole che indossasse  scarpe che emettevano un rumore particolare, quando venivano calzate, simile a cicchete gnacchete , appunto; la seconda che lo attribuisce, invece, ad un difetto di pronuncia dello stesso, dovuto al “labbro leporino”, per cui, mentre lui parlava, emetteva un suono "umido" particolare simile a cicchete-gnacchete, appunto.
IL TRONO
I simboli e i crociferi sono intervallati dalle “poste” di perdune.  L’ultima posta, quella che precede la statua della  Madonna  è composta da tre confratelli, uno dei quali, al centro, porta il bastoncino che rappresenta lo scettro. Questo trio di confratelli è detto “trono”.
L’ADDOLORATA
La statua dell'Addolorata è poggiata su una base in legno nella quale vengono infissi dei paletti di legno, chiamate "sdanghe", che si poggiano sulle spalle dei portatori. Oltre i portatori,  a reggere la statua della Madonna ci sono anche degli uomini vestiti di scuro che reggono "le forcelle" - robuste mazze sulle quali viene poggiata la statua quando i quattro portatori cambiano di posto o si riposano. Il cambio avviene quando il confratello dice: “furcè” (chiamando la forcelle)….. allora, sempre continuando a “nazzicare” vengono puntellate le forcelle che alleviano i confratelli. Quando i confratelli si sentono pronti a riprendere la statua dicono: “nguè” (addosso) indicando che sono pronti a ricaricarsi le sdanghe sulle spalle. Ma anche durante questa operazione la statua non cessa di muoversi, seguendo quel  lento "nazzecare" che caratterizza l'andatura di tutta la processione.
I confratelli che reggono la statua dell'Addolorata, sono gli unici ad avere il volto scoperto, mentre tutti gli altri confratelli che fanno parte della processione sono incappucciati.
I momenti più caratteristici di questa processione sono dovuti al passaggio della Madonna da alcuni punti cruciali della Città: l’uscita da San Domenico, la discesa “da ‘u bunnine” (pendio Lariccia), il passaggio da  Piazza Fontana - dove tanti anni fà si preparava un enorme falò in onore dell'Addolorata -  il passaggio da “’u ponte de firre” (dal Ponte girevole), la sosta di preghiera presso la Chiesa del Carmine, l’arrivo all’Istituto delle Suore Maria Immacolata, dove la processione entra per un momento di preghiera e consentire ai confratelli di ristorarsi, prima di intraprendere la strada del ritorno, durante la quale molto suggestivo è il passaggio dal Ponte girevole, che di solito avviene verso le 12:30 – il troccolante cede la troccola ad un mazziere e i  confratelli fanno una piccola sosta, alzandosi il cappuccio. Tutto ciò in ricordo di una antica usanza. Anticamente infatti i confratelli non effettuavano la sosta all’Istituto delle suore, per cui, mentre erano sul ponte erano raggiunti dalle donne (mamme, mogli, sorelle) che portavano loro qualcosa da mangiare. –  La sosta non è lunga, perché deve solo ricordare una tradizione.
Il passaggio sul ponte è suggestivo anche perché contemporaneamente si possono ammirare due importanti simboli di unione tra la Città e l'antica Isola: il ponte che le unisce materialmente, e la Madonna Addolorata che le unisce nell'Amore, ma che come dimora ha scelto, e non a caso, l'Isola, la Città Vecchia, ossia quella parte di città che di solito viene dimenticata ed "evitata", ma non dalla Madonna, che ha voluto assicurare proprio li la sua presenza costante quasi a voler ringraziare la devozione dei suoi abitanti, rimarcando l'importanza storica e culturale della Città Vecchia.
La devozione dei Tarantini per la Madonna Addolorata si evince dal silenzio che accompagna il Suo passaggio tra la folla. Un silenzio che  altro non è che una corale preghiera per chiedere il Suo aiuto e la Sua protezione per noi,  per chi ci è vicino e per chi ci ha chiesto di porgerLe  una preghiera in loro nome.
E guardando il volto dell'Addolorata – un  volto segnato dalla paura  e dall’angoscia nella  disperata ricerca del Figlio –  si può scorgere anche una dolce e caritatevole espressione di ringraziamento.

Il sentimento dei tarantini verso l’Addolorata è riportato in questi pochi versi di Gregorio Andriani:

'A Mamme d'u Delore.
Nu' tarandine, a quanne stame fore,
vulime star'a Tarde pe vede a Te.
Tu si pe nnuije 'a Mamme d'u Delore
e spece ce 'nquarcune c'a sufferte
ogne delore amare a vita soje.

A chiudere la processione uno stuolo di fedeli penitenti, alcuni anche scalzi, che portano il cero penitenziale dell’Addolorata e pregano ora come un tempo:
…'U mande e le spine,
spine, spine de marije;
'u sole quedda matine,
no' nge stave mmijenze a vie;
ha tremelate e ha chiangiute,
acque de sanghe ha scennute;
e ci l'ha tremendute;
ha remaste citte e mmute!
...

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